Un chirurgo varesino in soccorso dei palestinesi ricoverati sulla Vulcano

Alberto Reggiori (nella foto), 66 anni, varesino, medico chirurgo in forza all’ospedale di Cittiglio ha raccontato, domenica 25 Febbraio nella chiesa di Casbeno, la sua esperienza di 17 giorni trascorsi a bordo della nave ospedale Vulcano della Marina militare.

Ormeggiata in un porto egiziano a trenta chilometri da Rafah, il valico di confine unico punto di passaggio tra l’Egitto e la Striscia di Gaza, nave Vulcano ha svolto l’importante missione di soccorso a civili palestinesi vittime di guerra.

Il dottor Reggiori, credente praticante, s’è offerto volontario per prestare la sua opera di chirurgo cercando di restare fedele ad un impegno che ha caratterizzato la sua vita: «quello di viverla in modo da essere utile al prossimo», come egli stesso ha confidato.

Il Medico varesino non è nuovo ad esperienze “border line”; nel suo lungo impegno professionale ha anche svolto, per oltre dieci anni, la pratica ospedaliera in Uganda.

Con tono pacato e molto misurato ha intrattenuto i presenti senza indugiare sui drammatici interventi operati su pazienti «giunti con traumi soprattutto psicologici».

Nelle due settimane a bordo della Vulcano il Chirurgo s’è preso cura di circa 150 persone. «Donne e bambini perché agli uomini, tutti sospettati di essere potenziali terroristi», come egli ha spiegato, «l’esercito israeliano non concede visti d’uscita». Ciò che più ha colpito il dottor Reggiori, aldilà delle amputazioni d’arti e di diversi casi di denutrizione, sono i traumi psicologici causati dagli intensi bombardamenti riscontrati in tutti i ricoverati sulla nave ospedale.

«Che cosa si può fare davanti alla tragedia di famiglie divise, corpi martoriati, indescrivibili dolori fisici e morali sopportati da civili innocenti?», s’è chiesto il dottor Reggiori. «Chiudersi in un imbarazzato silenzio e guardare negli occhi quelle donne e quei bambini», è stata la sua laconica risposta.

Dei giorni a bordo della Vulcano che cosa è rimasto nel cuore del Chirurgo varesino?

A parte il ricordo di tanta sofferenza umana, «l’encomiabile lavoro svolto dall’equipaggio della nave militare italiana, esemplare per professionalità ed umanità», conclude il dottor Reggiori. «oltre all’orgoglio di appartenere ad una nazione, l’Italia, unico Paese europeo, insieme alla Francia, ad avere inviato una nave ospedale per soccorrere inermi civili».

Tragedia nella tragedia: gli oltre 1.500 pazienti dimessi sono stati trasferiti in Qatar, Paese disposto ad ospitarli, ma, con i famigliari rimasti a Gaza, si ricongiungeranno, forse, solo a guerra finita.

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